Il carbone che filtra…

Le acque dolci superficiali vengono classificate dalle Regioni in base alle loro caratteristiche fisiche, chimiche e microbiologiche in 3 categorie: A1, A2, A3 e a seconda della categoria di appartenenza sono richiesti i seguenti trattamenti:
categoria A1: trattamento fisico semplice e disinfezione;
categoria A2: trattamento fisico e chimico normale e disinfezione;
categoria A3: trattamento fisico e chimico spinto, affinamento e disinfezione.
Già nel 1800 l’acqua veniva fatta decantare in grandi vasche per sedimentare i residui e successivamente filtrata lentamente. Oggi gli impianti di ultima generazione e i filtri a sabbia rapidi hanno permesso di velocizzare il processo che non è più soltanto fisico ma anche chimico. In Italia si utilizzano soprattutto disinfettanti a base di cloro che però porta con sé una serie di sottoprodotti indesiderabili….

E’ forse questo il motivo per cui sempre più consumatori decidono di “affinare” l’acqua potabile?

Il sistema più diffuso per rimuovere dall’acqua le impurità consiste nell’utilizzo del carbone attivo.
Si tratta di un comune carbone di origine vegetale o minerale (come lignite, torba, noce di cocco) che, attraverso processi termici “di attivazione”, assume una straordinaria porosità che permette di trattenere sulla superficie elementi estranei. Una volta esaurita la capacità di filtraggio, si può verificare una ricrescita batterica e il rilascio delle sostanze inquinanti rimosse. Per ovviare a questi inconvenienti vengono solitamente utilizzati i “filtri compositi” che, oltre al carbone attivo, contengono anche altri elementi (argento) o accessori (rete di contenimento). Molto utilizzati anche i filtri a carbone associati a membrane cave in materiali che impediscono il passaggio dei microbi.
Essendo comunque lo sviluppo batterico il principale problema che accomuna i dispositivi di trattamento dell’acqua, è importantissimo effettuare la manutenzione periodica e la sostituzione secondo le indicazioni del produttore.

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